Aloe Task il gel di Aloe rivoluzionario!

Oggi voglio parlarvi di una pianta officinale che tutti conoscono almeno di nome, ovvero l’Aloe, pianta che ormai è diventata un prodotto di consumo di grandissima diffusione. Però, proprio per questo, spesso la qualità dei prodotti proposti non soddisfa le esigenze del professionista che li propone ne tantomeno le aspettative dell’utilizzatore. Poco tempo fa mi sono imbattuto in un prodotto che non esito a definire formidabile: purissimo gel di Aloe vera in bustine monodose da 10 grammi. In pratica aprire la bustina per ingerire od usare sulla pelle il gel, equivale a tagliare la foglia di Aloe ed estrarne con un cucchiaio il gel! Non c’era niente di analogo sul mercato e sono ben contento di avere scoperto questo prodotto che consente di avere la massima qualità unita alla massima efficacia. Vi anticipo il suo nome, Aloe task  e vi dico che viene da uno splendido posto nell’Oceano Atlantico l’isola di Tenerife, la maggiore delle Canarie. Aloe Task è il risultato di un’idea geniale: consentire a tutti di avere sempre a disposizione gel di aloe vera di qualità ma soprattutto fresco come appena estratto, da poter utilizzare nel quotidiano in qualsiasi luogo e momento. Ma vediamo ora le caratteristiche e le proprietà di questa  meravigliosa pianta officinale.

 

                                                                                                                                                                                           

 

Aloe vera ( nomenclatura botanica Aloe Barbadensis Miller) è una pianta succulenta della famiglia delle Aloaceae che predilige i climi caldi e secchi, può raggiungere il metro di altezza e le foglie carnose disposte a ciuffo, sono lanceolate con apice acuto, di colore verde chiaro. Incidendo la foglia in profondità si può vedere la massa gelatinosa e trasparente da cui si ottiene il gel o il succo.

L’aloe vera è una pianta officinale conosciuta e utilizzata già dall’anno 4000 a.C. dalle popolazioni occidentali e orientali. Le sue foglie carnose e il gel che se ne ottiene era per il popolo una fonte preziosa, capace di trattare qualsiasi problema di salute. Abbiamo evidenze storiche e scientifiche che ci mostrano come l’utilizzo di questa pianta fosse noto in Egitto, Mesopotamia, Macedonia, Impero Romano, Cina, Giappone, India.

Il gel di Aloe vera ha una composizione chimica ricca di nutrienti e principi attivi infatti contiene 20 dei 22 aminoacidi necessari per costruire proteine e 7 degli 8 aminoacidi essenziali, è ricco di vitamine A, C, E, B1, B2, B3, B6, B12 e  di minerali come calcio, magnesio, zinco, ferro, acido folico, rame, selenio e potassio.  L’uso interno del puro gel di alo ci dona numerosi benefici:

E’ un ottimo disintossicante perchè assorbe le tossine nel tratto gastrointestinale che verranno poi espulse e nel frattempo reintegra il tuo corpo di vitamine, minerali ed aminoacidi.

Le proprietà antinfiammatorie e analgesiche dell’aloe aiutano a combattere tutte le situazioni dolorose che possono insorgere nel nostro corpo: dolori articolari, infiammazioni del cavo oro-faringeo, cistite, emorroidi, gastrite e ogni processo flogistico.

Il gel di aloe vera è un eccellente integratore per combattere i problemi digestivi, la gastrite, il colon irritabile e la stipsi. Oltre ad aiutare nell’eliminazione delle tossine che si accumulano nell’intestino, migliora l’assorbimento di tutti i nutrienti che talvolta sono neutralizzati dalle sostanze acidificanti che impediscono una regolare attività intestinale e un corretto assorbimento. E’ particolarmente efficace anche per ripristinare tutti i micro e macro elementi che favoriscono una buona digestione e un buon transito intestinale.

Il gel di aloe vera contiene polisaccaridi, componente importante di un sistema immunitario sano, perché stimolano i globuli bianchi a combattere i virus. Questa peculiarità unita alle proprietà antibatteriche, antimicotiche, antivirali e antinfiammatorie e alla presenza di vitamina C, rende l’aloe un valido alleato per proteggere il tuo corpo da infezioni e aiutarti nella guarigione dei disturbi esistenti, aumentando le tue difese immunitarie.

L’aloe vera è un adattogeno, il che significa che aiuta ad adattarti ai cambiamenti nel tuo ambiente. Poiché è in grado di stimolare la difesa e i meccanismi adattattivi del corpo, assumere aloe vera ti dà una maggiore capacità di far fronte a tutti i tipi di stress: fisico, emotivo e ambientale.

Inoltre innumerevoli sono le applicazioni per uso esterno:

è un ottimo rimedio contro eritemi solari ed ustioni  perchè grazie alle sue proprietà nutritive, cicatrizzanti ed antiossidanti aiuta la pelle a guarire più velocemente, proteggendola e reintegrandone l’umidità, aiuta nel trattamento dermatologico di eczemi, psoriasi, acne, ulcere cutanee, herpes labiale, aiuta a ripristinare la naturale compattezza della pelle e a mantenerla idratata prevenendo la formazione delle rughe e ridonando elasticità alla pelle. L’aloe idrata la pelle senza dare una sensazione untuosa quindi è adatta anche per chi ha la pelle grassa.
Perfetta per le donne anche come base prima del trucco, può essere utilizzata dagli uomini come trattamento dopo la rasatura.

Tornando ad  Aloe task dovete sapere che il gel di aloe utilizzato è puro al 99,7% e viene estratto manualmente da piante autoctone di Tenerife di almeno 4-5 anni di età, coltivate biologicamente! Capite perché lo definisco formidabile? L’elevata percentuale di purezza del prodotto garantisce al consumatore un gel unico, di ottima qualità e concentrato, ideale per essere ingerito o utilizzato sulla pelle. La restante percentuale, ovvero lo 0,3% , è composta da additivi naturali, come l’acido citrico e l’acido ascorbico che proteggono il gel dall’ossidazione da parte dell’aria e della luce. Dal punto di vista legislativo, Aloe Task è un prodotto certificato e autorizzato per uso alimentare.( iscritto al registro sanitario con il numero 21.032313/TF)   Le foglie della pianta  vengono raccolte a mano, da ogni pianta si tagliano 4-5 foglie l’anno, così da preservare la salute della pianta e anche la qualità del gel che si estrae. Le foglie vengono lavate manualmente con sola acqua fresca al fine di rimuovere tutte le impurità e i corpi estranei che potrebbero contaminare la superficie esterna della foglia. Fatto ciò comincia il vero e proprio processo di estrazione. La foglia viene incisa alla base e in punta con un taglio ben preciso. Questa verrà messa in acqua fredda per otto ore, così da rimuovere l’eccesso di aloina. Trascorso il tempo necessario,  il gel viene manualmente spremuto dalla foglia tramite un macchinario di ultimissima generazione che non surriscalda il prodotto e quindi non provoca cambiamenti organolettici. Ottenuto il gel di aloe vera puro, a questo vengono aggiunti lo 0,3% di conservanti, tutti naturali, che permettono al produttore di offrire ai clienti un ottimo prodotto, che si conserva senza però subire alterazioni, così da avere gel di aloe sempre fresco come appena estratto. Il processo di confezionamento avviene in ambiente asettico e a basse temperature, al fine di non alterare le caratteristiche dell’Aloe.

Potremmo riassumere dicendo che Aloe vera dona benessere a tutto il corpo! Non è un caso se gli egizi la chiamavano “pianta dell’immortalità” , nel medioevo “pianta miracolosa”, in India “curatrice silenziosa” e in Brasile “pianta della salute e della bellezza”…nel corso dei secoli l’uomo ha usato questo dono prezioso per prendersi cura della proprio benessere fisico interno ed esterno .
Oggi possiamo portare sempre con noi tutti i benefici dell’Aloe Vera con Aloe Task:
 per questo mi piace chiamarlo “Benessere Tascabile”!

 

 

Glifosato, agrotossici, sementi OGM. Le vere armi di distruzione di massa.

Da Blog  di Maurizio Blondet, http://www.maurizioblondet.it, un interessante articolo che consiglio di leggere. Ci avvelenano ogni giorno in nome del profitto, almeno siamone consapevoli!

Nel consueto silenzio dell’informazione scritta e televisiva, a Bruxelles si sta consumando un nuovo crimine contri i popoli europei. La Commissione UE, nella persona del commissario greco alla Salute ed alla Sicurezza Alimentare , sta cercando, ed ovviamente troverà il modo di rendere permanente l’autorizzazione all’uso del glifosato, il diserbante più usato al mondo. In queste settimane, c’è stato un fermo nelle iniziative legislative dei dittatori comunitari, che, giova ripeterlo sempre, sono immediatamente esecutive in tutti i 28 Stati una volta sovrani dell’Unione .

In materia, l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul cancro (IARC) ha da tempo affermato che il glifosato è “probabilmente cancerogeno per gli esseri umani”, e la serietà, soprattutto l’indipendenza di quella organizzazione è riconosciuta da oltre quarant’anni di attività scientifica.  Un prodotto , quindi, il glifosato, che diserba e, contemporaneamente, mina la salute di animali ed umani. Fin dal 2000, fortunatamente, in sede europea, è norma il cosiddetto “principio di precauzione”, che proibisce l’uso e la vendita di qualsiasi prodotto o ritrovato di cui non si conoscano ancora gli effetti, o su cui gravi , come nel caso del glifosato, il fondatissimo sospetto di nocività.

Eppure… Giova sapere che il diserbante è stato il più fortunato brevetto della Monsanto, e che, scaduti i diritti nel 2011, è oggi prodotto liberamente da più aziende, almeno un dozzina nella sola Italia.La variante resistente agli OGM, il cui nome commerciale è Roundup, è il prodotto più redditizio della gamma Monsanto.

L’Unione Europea, tra le sue numerose, costose emanazioni pagate con il denaro dei contribuenti , dispone di una Autorità per la Sicurezza Alimentare (EFSA) . Sull’argomento, l’organo europoide, una volta di più, non ha fatto altro che accogliere le conclusioni delle parti interessate, per le quali, ovviamente, il glifosato non è affatto pericoloso. A Bruxelles, nei palazzi del potere europeo, si alternano circa ventimila lobbisti, riuniti in numerose associazioni. Una di esse è l’ECPA, Associazione per la Protezione delle Piantagioni.

Nella consueta inversione neolinguistica promossa degli oligarchi, la protezione delle piantagioni è in realtà la difesa degli interessi delle multinazionali associatedel settore: BASF Agro, Syngenta, Bayer, Dupont, oltre alla solita Monsanto.  I lobbisti, naturalmente, stanno studiando con la Commissione il modo di rendere definitive le autorizzazioni alla produzione ed alla commercializzazione intraeuropea di un prodotto la cui pericolosità è conclamata. L’agribusiness prima di tutto, perbacco !

Basterebbe verificare la drammaticità della situazione argentina: il grande Paese sudamericano ha dovuto riconvertire gran parte della produzione agricola , ed è oggi il massimo fornitore al mondo di soia geneticamente modificata, con oltre 22 milioni di ettari coltivati, oltre la metà dei campi coltivati a cereali . Il glifosato è il famoso Roundup Monsanto, resistente al pesticida. Una coppia fissa, da anni, quella delle sementi OGM, casualmente di proprietà delle multinazionali già nominate , e del glifosato, il cui metabolita che molti chiamano killer , l’acido aminometilfosfonico, è presente nel mais, nella soia, nella colza e nel cotone OGM.

Un fotografo argentino , Pablo Ernesto Piovano, ha documentato in immagini agghiaccianti che hanno fatto il giro del mondo e che chiunque può visionare in rete, l’effetto sugli esseri umani, in particolare sui bambini, dell’esposizione al diserbante. Nelle zone agricole argentine i casi di tumori infantili sono triplicati in pochi anni e le malformazioni neonatali di ben quattro volte. Un caso ? La benemerita EFSA lo affermerà certamente, con il supporto di eminenti scienziati “amici”, ma i fatti, che hanno la brutta abitudine di essere   tenaci e di tornare a galla, dicono che in Argentina  sono stati irrorati 370 milioni di litri di pesticidi tossici solo nell’anno 2012. Secondo una rivista di fotografi professionali, Burn, quasi un terzo  della popolazione argentina subirebbe effetti negativi dall’uso del glifosato.

La prestigiosa rivista medica The Lancet Oncology  parla di rischi per leucemie infantili, malattie della pelle, malformazioni neurovegetative., linfomi.  Nessun turbamento, per azionisti, scienziati, fiancheggiatori vari del sistema: loro non mangiamo cibi transgenici, e le loro ville sono lontane dalle zone di coltivazione.Quanto agli altri, sono semplici danni collaterali di un affare da molti miliardi di euro l’anno.

Il principio di precauzione appare quindi assolutamente opportuno, a livello europeo, in attesa della conferma, o della smentita da parte di organi indipendenti, dei dati dell’ente di ricerca sul cancro e di tanti altri studiosi e militanti. Al contrario, i lobbisti dell’ ECPA, attaccano proprio tale norma, e cercheranno di aggirarla con l’aiuto di ben pagati avvocati e compiacenti funzionari. Tuttavia, proprio questa è la prova della malafede delle multinazionali: se possedessero dati tranquillizzanti per le popolazioni, li esibirebbero con ogni facoltà di prova, e non attaccherebbero la normativa “in punto di diritto”.

A proposito, a detta di tutti gli osservatori, tanto in sede europea che nell’ambito delle organizzazioni affiliate all’ONU, si assiste da anni allo strano fenomeno delle porte girevoli, ovvero al passaggio di funzionari, esperti e professionisti vari dalle grandi aziende multinazionali alle strutture cosiddette di controllo. Oggi qui, domani là, prima controllati, poi controllori.

Questo è il volto vero ed oscuro della globalizzazione, che, nel caso di cui parliamo, svela la propria anima assassina , rivoltante ed antiumana.

Accenniamo allora ad un ulteriore, drammatico risvolto del sistema dei pesticidi e delle sementi OGM, quello delle tecnologie, che, brevettate, controllano ormai le fonti della vita.

Un’azienda biotech, la Delta and Pine Land, ha scoperto e naturalmente coperto da brevetto, una tecnica, definita “sistema di protezione della tecnologia” che rende sterili le piante cui viene applicata.

Possedere bombe atomiche  è meno pericoloso….  Sterilizzano una pianta e ci costringono quindi ad usare le loro sementi, rivendendole dopo ogni raccolto. Il brevetto si chiama, onestamente, Terminator , ed è oggi nelle mani della solita Monsanto, che vende i semi “suicidi” in Asia, Africa, Sudamerica.

Da anni, comprano pubblicità su giornali e TV e mobilitano i giornalisti di riferimento per propalare la favola della lotta alla fame nel mondo: le sementi OGM sarebbero l’arma totale dei buoni, intenzionati  a sfamare il Terzo e Quarto Mondo. Peccato che l’Africa non conoscesse la morte per fame sino al 1960, ma dopo, costretta alle monocolture imposte da Banca Mondiale e  Fondo Monetario Internazionale, ha visto la morte e l’inedia di milioni dei suoi figli .

Chi dà la morte si chiama assassino. Banca Mondiale, FMI e multinazionali biotecnologiche sono quindi, ad ogni effetto, assassini seriali, genocidi, come il sistema bancario internazionale, e come tali i popoli hanno il dovere, non il diritto di fermarli e di trascinarli davanti ad un tribunale di Norimberga dell’economia e della finanza criminale !

Alcuni esempi: il famigerato defoliante Agente Arancio , ampiamente irrorato dagli Usain Vietnam durante la guerra, e l’ormone sintetico Posilac , utilizzato per la crescita dei bovini  e dei profitti degli azionisti di Monsanto, prodotto che moltissimi descrivono come tossico , vietato in Europa, ma che vi entrerà dalla finestra con il Trattato di Partenariato Transatlantico.

Intanto, mentre scriviamo o leggiamo queste note, il mais OGM minaccia il povero Nepal e l’intera zona dell’Himalaya.  Possiamo ipotizzare che le nuove sementi siano, o possano diventare, armi per la riduzione programmata e massiccia della popolazione. Altro che Saddam e la narrazione ( oggi dicono storytelling…) delle introvabili armi di distruzione di massa , che ha consentito l’approvazione della guerra da parte di strati importanti delle opinioni pubbliche  occidentali. Il seme Terminator ne è la prova: che cosa faranno le nazioni , specie le più povere, quando o se non potranno pagare le royalties ai proprietari dei brevetti, e le loro povere coltivazioni saranno diventate sterili ?  Se c’è un’evidenza negata solo dalla parte interessata è che i raccolti OGM distruggono l’equilibrio della sostanza nutritive naturali dei terreni  , e ne impediscono il transito nelle radici.

L’ingegnerizzazione imposta all’agricoltura, a partire dall’origine, ovvero dal sistema delle sementi e della trasformazione genetica, ha uno scopo preciso, che non è tanto il profitto, quanto il controllo del mercato dei semi ( mercato dei semi è un’espressione  ripugnante ! ), quindi la disponibilità di cibo per gli esseri umani.

Il cibo diventa un’arma, più insidiosa e terrorizzante delle stesse bombe. La potenza infinita dei padroni delle sementi , la loro capacità di distorcere l’opinione pubblica a loro favore può essere dimostrata già a partire da un’evidenza finanziaria, la presenza della Fondazione Bill Gates (Microsoft) tra gli azionisti dei giganti del settore, in particolare di Monsanto .

Tra le tante informazioni che stanno trapelando per merito di osservatori  coraggiosi e della rete Internet c’è quella dei legami tra una delle numerose agenzie governative statunitensi, la USAID , e le multinazionali della chimica applicata all’agricoltura ed alla tecnologia transgenica. L’USAID si occupa ufficialmente di aiuti ai Paesi bisognosi, ma è una emanazione del Dipartimento della Difesa americano, largamente utilizzata in operazioni coperte ed in particolare nel reclutamento di leader politici , ricercatori, alti funzionari  , da “sensibilizzare” , nelle maniere e con le modalità che ciascuno può intuire, ai temi della ricerca transgenica e delle biotecnologie applicate alle sementi.

La sola Monsanto controlla circa il 95% della fornitura mondiale di semi per cibo, ed ha ormai non soppiantato, ma espulso dal mercato ( c’è un mercato con il 95 per cento ???) i produttori di sementi naturali. Fondamentalmente, un seme OGM, ed anche il relativo diserbante, è un valore strategico militare.

In India le multinazionali brevettano semi ed innesti elaborati durante secoli, forse millenni, dalle popolazioni agricole locali, poi ne vietano l’uso senza il pagamento di diritti. E’ rapina con le armi di un sistema giuridico complice, ed è genocidio in guanti bianchi nei confronti di chi, derubato, non può pagare una vera e propria estorsione.

Il controllo genetico delle sementi alimentari e dei diserbanti chimici , nonché la loro ricostituzione sono elementi di una strategia precisa di dominazione a medio termine, di cui il soggetto privato, si chiami Monsanto, Syngenta, Dupont od altro, non è che il terminale di un progetto che ha nell’alta finanza, proprietaria , attraverso complessi incroci azionari, dei pacchetti di controllo dellemaggiori multinazionali, l’attore principale , dominus e beneficiario finale, a fini di potere globale. L’apparato statale americano, in particolare le poderose strutture, non solo di combattimento, dell’esercito e le Agenzie specializzate nell’intelligence ne sono il braccio secolare.

Vogliamo ripeterlo: in questo settore, come in altri, i pur immensi profitti non sono l’obiettivo principale. Il controllo del cibo vale ben più dei miliardi di dollari pretesi  da questi usurai della vita.

Il progetto è sempre uno: un governo mondiale diretto da un’oligarchia di banchieri ed azionisti globali, all’ombra delle armi americane. Non ce ne dimentichiamo mai.

Un cinese sapiente avvertiva che lo sciocco guarda il dito che indica la luna, solo il saggio osserva la luna.  Smettiamo di detestare i responsabili politici nazionali, malandrini e corrotti certamente, ma semplici camerieri di un potere ben più grande di loro, che spesso neppure conoscono, e , stante il livello di molti tra loro, neppure capiscono.

La lotta, purtroppo, è ad un livello diverso. Informarsi è il primo passo, poi occorre capire : se la verità rende liberi, come insegnava Giovanni, l’eremita di Patmos, solo la verità ci permette di indignarci e mettere nel mirino il vero nemico.

Noi dobbiamo essere avanguardie che animano, possibilmente orientano, articolati fronti di opposizione . Loro sono infinitamente potenti, noi, se cominceremo a far capire, potremo diventare infinitamente numerosi.

Roberto Pecchioli

L’Ascorbato di Potassio

L’Ascorbato di Potassio

L’ascorbato di potassio è un sale derivato dalla vitamina C che risulta totalmente atossico e privo di effetti collaterali.

Il composto si ottiene estemporaneamente in soluzione acquosa acido ascorbico (150 mg) e bicarbonato di potassio (300 mg di cui 117 mg di potassio) ed ha un pH che, nel giro di poco più di un minuto, tende alla neutralità. I componenti vanno sciolti in 20 cc di acqua (circa due dita) senza utilizzare il cucchiaino metallico (potenziale rischio di ossidazione dell’acido ascorbico).

L’ascorbato di potassio è legato agli studi ed alle ricerche del biochimico fiorentico Gianfrancesco Valsé Pantellini, e la sua “storia” è iniziata nel 1948 quando un orafo, amico dello stesso Dott. Pantellini, malato di cancro inoperabile allo stomaco ebbe dei risultati inaspettati ed assolutamente straordinari assumendo delle limonate in cui per errore inseriva del bicarbonato di potassio invece dell’usatissimo bicarbonato di sodio. Per circa vent’anni Pantellini ha studiato ed analizzato il problema, arrivando a fare due pubblicazioni specifiche nel 1970 e nel 1974 (Rivista di Patologia Medica).

I processi ossidativi, legati alla presenza dei radicali liberi, sono coinvolti nella promozione e nello sviluppo del cancro. La causa principale del meccanismo di stress ossidativo sono i radicali liberi. cioè sostanze con elevata reattività chimica. Gli organismi viventi tendono a mantenere costante la concentrazione di questi agenti ossidanti per poter garantire i normali processi biologici.
Sulla base degli studi del Dott. Pantellini, siamo convinti che lo stress ossidativo danneggi le strutture della membrana cellulare, in particolare l’ATP-asi sodiop/potassio (la cosiddetta pompa Na/K). Questo fatto comporta una depolarizzazione (inizialmente lieve) ed una sempre maggiore alterazione del meccanismo di trasporto attivo di questi due elettroliti che hanno funzioni molto diverse ma fondamentali nell’economia cellulare (uno, il potassio, regolatore principale dei processi metabolici intracellulari, attraverso la salificazione reversibile dei gruppi amminici ed imminici di enzimi e proteine in ambiente lievemente acido, e l’altro, il sodio, regolatore principale della riserva alcalina dell’organismo a livello extracellulare , con salificazione reversibile dei gruppi carbossilici di enzimi e proteine in ambiente lievemente basico). In tal modo abbiamo una sempre maggiore modificazione dell’ambiente acido-base e delle reazioni do ossido-riduzione fra le molecole citoplasmatiche.

Siamo convinti che questo fatto costituisca il meccanismo di innesco per la mutazione della cellula in senso cancerogeno. Infatti, studi pubblicati negli anni ‘30 da parte di Moraveck e Kishi in relazione al sarcoma di Rous, hanno evidenziato che la cellula neoplastica è carente di potassio e ricca di sodio con uno sbilanciamento che cresce con l’aumentare della degenerazione cellulare.

Questo fatto sembra essere un denominatore comune in tutte le patologie neoplastiche, verificabile anche attraverso un’attenta valutazione dei 4 elettroliti ematici (sodio, calcio, potassio, magnesio).

Il meccanismo descritto risulta molto pericoloso per la cellula, in quanto:

  • innesca un rapido trasferimento di calcio dai depositi intracellulari (mitocondri), che potrebbe essere responsabile della spinta mitogenica;
  • permette un trasporto rilevante di glucosio nel citoplasma, per il sinporto con il sodio, con una velocità che aumenta con la sempre maggiore alterazione della pompa sodio/potassio (unico elemento di controllo attivo sui due elettroliti).

Questi processi inducono una modificazione nella respirazione cellulare, con riduzione della fosforilazione ossidativa ed aumento sostanziale della glicolisi. Viene incrementata anche la produzione di acido lattico formato per riduzione dal piruvato. Inoltre, lo stesso piruvato è un inibitore dell’entrata in fase S della mitosi e la sua costante diminuzione nel citoplasma (per conversione in acido lattico) rimuove tale blocco sulla mitosi, spingendo la cellula verso una proliferazione incontrollata.

Abbiamo quindi una modificazione del pH intracellulare, che tende a diventare lievemente alcalino, e della stessa respirazione cellulare con una sostanziale modifica del ciclo di Krebs.

L’insieme di questi fatti tende a tradursi in una alterazione di forma e d’azione delle proteine e degli enzimi citoplasmatici, portando ad una polimerizzazione dell’RNA e con un trasferimento di informazioni non corrette fra “periferia” e “centrale operativa” (DNA). In tal modo arriviamo alla mutazione del DNA nucleare ed alla cancerogenesi.

In conclusione, l’ulteriore ipotesi di lavoro su cui stiamo lavorando è che la degenerazione non nasca da un danno diretto sul DNA nucleare ma da un problema nel citoplasma, cioè il danno avverrebbe a livello periferico (membrana cellulare). Questo significherebbe che realmente il funzionamento del DNA può essere fortemente influenzato dalle varie componenti dallo stesso ambiente cellulare oltreché dai segnali cellula-cellula.

Dall’esperienza e dai dati del Dott. Pantellini prima e della Fondazione adesso, l’ascorbato di potassio anche e soprattutto nella nuova formulazione con ribosio sembra interferire in modo importante con questo processo, proteggendo la cellula contro lo stress ossidativo ed inibendo il meccanismo di proliferazione incontrollata.

Questi fatti possono essere messi in relazione con la proprietà di carrier dell’acido ascorbico per il potassio (e con l’attività catalitica del ribosio nella “nuova” formulazione), come conseguenza della sua struttura eterociclica, insieme ad un’azione antiossidante.

L’azione del composto è legata alle caratteristiche del potassio (catione guida e regolatore metabolico a livello intracellulare) ed all’azione di “carrier” della vitamina C (svolge nel caso specifico una funzione simile a quella della pompa sodio/potassio).

L’immissione di potassio all’interno di una cellula cancerosa può indurre la corrispondente fuoriuscita di sodio (e quindi del glucosio) dall’ambiente intracellulare. In questo modo possiamo ottenere:

  • una nuova modificazione del pH locale intracellulare;
  • una rapida diminuzione delle riserve nutritive, riducendo la glicolisi e reintroducendo un blocco potenziale sulla mitosi; così sembra possibile inibire il processo di proliferazione incontrollata.

Inoltre, l’ascorbato di potassio può operare efficacemente anche a livello di prevenzione, avendo l’obiettivo di mantenere costanti i livelli intracellulari di potassio. Infatti, come detto precedentemente, gli squilibri di questi livelli intracellulari con “intrusione” del sodio dalla regione extracellulare sarebbero responsabili (o comunque altamente implicati) della catena di eventi che può portare alla trasformazione della cellula in senso neoplastico.

L’assunzione preventiva di ascorbato di potassio ha quindi l’obiettivo di “proteggere” la cellula dal rischio di degenerazione.

Negli ultimi anni, la formula è stata arricchita con il ribosio che svolge attività catalitica aumentando la velocità del processo con cui viene trasferito potassio nelle cellule.
Per ulteriori chiarimenti aprire la sezione dedicata.

L’assunzione preventiva del composto negli adulti, in linea generale, ne prevede la somministrazione di una dose al giorno, la mattina a digiuno (salvo diversa indicazione sulla base dei parametri ematochimici).

In presenza di patologia oncologica, in linea generale, si consiglia la somministrazione di tre dosi giornaliere (la mattina a digiuno, 15 minuti prima di colazione, e 45 minuti prima di pranzo e cena).

È sempre opportuno che venga fatta una valutazione da personale competente per suggerire le dosi più idonee caso per caso.

Dr. Guido Paoli
Responsabile Scientifico

Fondazione Valse’ Pantellini per la Ricerca e lo Studio delle malattie degenerative

http://www.pantellini.org/?page_id=26

 

Più si beve latte e più calcio si perde dalle ossa.

Su http://www.disinformazione.it ho trovato questo studio pubblicato sul British Medical Journal, una delle pubblicazioni scientifiche più autorevoli al mondo. Credo che sia superfluo aggiungere altro……

Marcello Pamio
Non esiste alimento migliore. Il latte che sgorga dalle mammelle è da sempre raccomandato da medici e nutrizionisti per il fabbisogno proteico e soprattutto per l’apporto di calcio, minerale questo fondamentale per far crescere e mantenere in salute la struttura ossea.
Fin qui nulla da eccepire se si trattasse del latte di mamma e se le mammelle fossero di una bella madre e non di una vacca ingravidata artificialmente.
Questa premessa è obbligatoria perché ancora oggi c’è chi confonde le due cose. Si confonde il latte materno, vero e unico nutrimento basilare per il sano e corretto sviluppo del neonato d’uomo, con il latte di vacca, alimento predisposto esclusivamente per la crescita rapidissima dei vitelli.
Confusione questa assai pericolosa per la salute umana, ma ormai incarnata nell’inconscio collettivo per la gioia delle lobbies alimentari e farmaceutiche.
Per fortuna sempre più studi scientifici stanno evidenziando e sottolineando tale rischio, affermando che il latte vaccino non va bene per l’alimentazione umana.
L’ennesima ricerca arriva dalla svedese università di Uppsala è ed stata pubblicata su uno dei giornali scientifici più accreditati al mondo, il British Medical Journal.
Nello studio vengono presi in esame due grandi coorti composte da 61.433 donne (dai 39 ai 74 anni) e 45.339 uomini (dai 45 ai 79 anni), monitorati per ben 20 anni.
Durante il follow-up medio di 20 anni, 15.541 donne sono morte e 17.252 hanno avuto una frattura ossea, delle quali 4.259 all’anca. Per gli uomini in un follow-up medio di 11,2 anni, 10.112 sono morti e 5.066 hanno avuto una frattura, dei quali 1.116 all’anca.
Le conclusioni dello studio svedese non lasciano spazio a nessun dubbio: i ricercatori hanno scoperto che non solo non vi è stata alcuna riduzione delle fratture ossee nelle persone che hanno consumato latte, ma addirittura nelle donne il consumo stesso di latte è stato associato ad una maggiore probabilità di subire una frattura.
Le persone che hanno bevuto tre bicchieri o più di latte al giorno avevano il doppio delle probabilità di morire presto rispetto a chi ne aveva consumato meno di uno.
L’autore dello studio, il professor Karl Michaelsson, spiega che i loro risultati “possono mettere in dubbio la validità delle raccomandazioni su un consumo elevato di latte per prevenire le fratture da fragilità. Un maggior consumo di latte nelle donne e uomini non è accompagnato da un minor rischio di frattura. Invece può essere associato ad un più alto tasso di morte”.
Ma non ci hanno sempre detto che per prevenire l’osteoporosi bisogna bere tanto latte e mangiare tanti formaggi?
Questa cosa è risaputa da sempre in chi si occupa seriamente di nutrizione umana, mentre è ancora un’eresia da estirpare con ogni mezzo per coloro che studiano sui libri scritti dalle lobbies farmaceutiche e si basano sulle piramidi alimentari redatte dalle industrie alimentari!
A parte le sterili diatribe sul latte sì o latte no, i dati parlano chiaro: nei paesi maggiori consumatori di latte e latticini vi è il maggior numero di fratture ossee. E questo è un dato di fatto assodato.
Come si spiega? Come la mettiamo?
Semplicissimo: da una parte l’elevato contenuto del lattosio, lo zucchero del latte che crea un ambiente acidificante dato che a livello intestinale viene degradato ad acido lattico, e tale ambiente fa aumentare le infiammazioni e lo stress ossidativo. Condizioni queste alla base di un maggior rischio di mortalità e paradossalmente di fratture ossee.
Nella medesima ricerca tale associazione di rischio è stata osservata anche con l’assunzione dei derivati del latte come i formaggi, anche se in questo caso sono andati coi piedi di piombo per non andare a cozzare esageratamente contro interessi economici enormi (industria casearia).
E’ bene ricordare che il latte di un mammifero è specie-specifico quindi adatto e perfetto per il cucciolo di quella specie. Il latte di donna per esempio è perfetto per il neonato dell’uomo, la cui crescita è molto lenta, mentre il latte di vacca è perfetto per far crescere molto velocemente il vitello. Un neonato in sei mesi raggiunge il peso di circa 7/8 kg, mentre nello stesso periodo il vitello oltre 300 kg.
Quindi è normale che il latte vaccino contenga livelli spropositati di ormoni della crescita (estrogeni ma non solo), cosa che non ha il latte umano. Questo esubero di ormoni andrà a squilibrare in senso negativo la funzionalità delle ghiandole endocrine e tutto il delicatissimo asse ormonale umano (ipofisi, tiroide, seni, ovaie, testicoli, prostata, ecc.).
Altre ricerche hanno riscontrato che il latte delle vacche da allevamento intensivo (tutto il latte venduto nella grande distribuzione) contiene un ormone, l’estrone solfato, in maniera 33 volte superiore a quello delle vacche che producono latte normalmente.
L’estrone solfato è imputato di essere la causa di numerosi tumori ormono-sensibili: seno, prostata, testicoli e colon…
Un altro fattore imputato nei tumori al seno e alla prostata è l’Insulin-like Growth Factor (IGF-1). Questo ormone, isolato nel latte vaccino, è stato ritrovato a livelli plasmatici elevati nei soggetti che consumano regolarmente latticini. Altri principi nutritivi che aumenterebbero i livelli di IGF-I sono pure presenti nel latte vaccino.
La d.ssa Susan Hankinson di Harvard ha dimostrato che le donne sotto i 50 anni con i tassi di IGF-1 più elevati hanno un rischio 7 volte maggiore di contrarre il cancro al seno rispetto a donne con valori bassi. Stessa cosa per il cancro alla prostata, solo che in questo caso gli uomini con maggior IGF avevano un tasso di rischio fino a 9 volte maggiore.
Infine il latte vaccino è un alimento difficilmente digeribile e assimilabile per il nostro metabolismo in quanto sempre più spesso l’uomo è privo dei due enzimi basilari imputati a questo compito: la rennina e la lattasi.
L’intolleranza al lattosio colpisce il 95% dei soggetti asiatici, il 74% dei nativi americani, il 70% degli africani, il 53% dei messicani e il 15% dei caucasici. Non esiste al mondo una sostanza intollerante quanto il latte vaccino. Ci sarà un motivo oppure no?
Senza questi enzimi o con una loro carenza, le proteine e gli zuccheri del latte non sono correttamente digeribili e possono creare nel tempo seri problemi all’organismo (problemi gastro-intestinali, diarrea, flatulenza, morbo di crohn, ecc.).
La medicina naturale sa queste cose da sempre, mentre la medicina allopatica è ancora dell’idea che il latte vaccino sia l’alimento perfetto per l’essere umano, l’alimento che protegge le ossa dall’osteoporosi…
E questo anche se, come dice l’oncologo Franco Berrino, “non esiste un solo studio che abbia documentato che una dieta ricca di latticini in menopausa sia utile ad aumentare la densità ossea e a prevenire le fratture osteoporotiche”. Invece ciò che è risaputo è che “la frequenza di fratture in menopausa è tanto maggiore quanto è maggiore il consumo di carne e di latticini”.
Esattamente il contrario di quello che ci viene detto.
Beata ignoranza…
Lo studio è pubblicato nel sito ufficiale del British Medical Journal

http://www.bmj.com/content/349/bmj.g6015

Cancro: statistiche ufficiali e cure alternative

Pubblico volentieri le interessanti note di Daniela Coin che ho letto sul blog La Stella poichè possono essere motivo di riflessione e spunto per ulteriori ricerche ed approfondimenti. Contrario da sempre ad ogni estremismo intellettuale, conoscere non è tifare per una squadra piuttosto che per l’altra, penso che ogni elemento che aiuti la ricerca verso la consapevolezza, soprattutto quando ciò riguarda la salute, non sia da trascurare.

Germoglio

Le persone sono così abituate a delegare la loro vita ad altri che, anche in vista di una malattia, tendono ad evitare di informarsi in prima persona, preferendo lasciare tutto in mano a qualcuno che, anche se medico, di fatto spesso può non essere competente o informato a sufficienza. Ma, anche lo fosse, va sempre detto che i protocolli medico sanitari vanno rispettati e dunque, di fatto, le cure alternative non possono essere consigliate dagli stessi oncologi del servizio pubblico.
Il motivo per cui le cure alternative non vengono ufficializzate è, a quanto dicono, che non sono sicure e non hanno dato risultati significativi. Pochi sanno che la chemioterapia ha una percentuale di successo (guarigione) del 1,5% circa (dipende dalle statistiche) e che è ancora in fase sperimentale (da più di cinquant’anni). Per non parlare del giro economico che crea la sanità a favore di chi produce queste terapie.
Il dottor Nacci, durante l’intervento “Chemioterapia : le statistiche ufficiali di guarigione e di sopravvivenza” Trieste, 21 aprile 2009 tratta dal suo libro “Diventa Medico di Te Stesso” – Ed. Italo Svevo, afferma quanto segue:
(Cito dall’articolo su Mednat.org : CHEMIOTERAPIA, STATISTICHE UFFICIALI)
Qualsiasi forma di chemioterapia causa un grave danno alle condizioni fisiche di coloro che si espongono all’azione di questi ”farmaci cito-tossici” che entrano nel circolo sanguigno tramite iniezione e/o fleboclisi endovenosa (oppure per assorbimento indiretto dallo stomaco o dalla mucosa intestinale). Questo tipo di trattamento è quindi diverso dalla Chirurgia o dalla Radio-Terapia, che concentrano invece i loro effetti su punti o aree specifici del corpo umano (terapie “mirate”).
Negli ospedali si fa ricorso alla Chemioterapia quando c’è la possibilità che le cellule tumorali possano essere presenti in altre zone dell’organismo oltre alla sede del tumore primario. Ma raramente la Chemioterapia garantisce un periodo di sopravvivenza di almeno 5 anni, indicato impropriamente come “periodo di cura”. La Chemioterapia, in genere, arresta temporaneamente l’anomala crescita cellulare, oppure può alleviare il dolore per qualche tempo, o allungare di poco il tempo di sopravvivenza.
Raramente si può parlare di” remissione”: ad esempio, nel 1986, sul British Medical Journal, Kearsley prendeva in considerazione il cancro in fase avanzato del polmone, dell’intestino, della mammella, della prostata, della testa e del collo, della vescica, quello endometriale e infine quello pancreatico, dimostrando già allora il sostanziale fallimento di questo approccio terapeutico, essendo la Chemioterapia curativa solo nel 6% dei casi su oltre 785.000 casi studiati, e nel 13% di tutti i casi di cancri (356.250) considerati “curabili.
[Kearsley J.H.: Cytotoxic chemotherapy for common adult malignancies: “the emperor’s new clothes” revisited, British Medical Journal, Vol. 293, 1986, pp.: 871-876 VEDI ALLEGATO].
Esistono circa 60-70 farmaci citotossici in commercio in tutto il mondo.
Alcuni di questi causano meno problemi di altri come: insonnia, spossatezza, diarrea, alopecia, stomatite, leucopenia, piastrinopenia, anemia, nausea, vomito…
Questi sono gli effetti collaterali immediati e conosciuti perchè visibilmente riscontrabili.
Ciò di cui raramente si parla sono gli effetti più gravi e più duraturi, le cui conseguenze deteriorano profondamente la vita del paziente e il decorso stesso della sua malattia, rendendo inutili persino le terapie basate sull’immuno-stimolazione dei linfociti Natural Killer, sull’attività apoptosica e detossificante di estratti di piante mediche.
Questi danni profondi e irreversibili, di cui raramente si discute, sono i seguenti:
1) grave riduzione, stabile e duratura, del numero di particolari tipi e sottotipi di globuli bianchi, indispensabili alla risposta immunitaria specifica contro il tumore.
2) mutazioni cellulari di tipo somatico, con comparsa di altri tumori secondari e/o metastasi
3) mutazioni cellulari di tipo germinale (testicoli oppure ovaie), con comparsa di sterilità, aborti o di bimbi malformati in quei casi di genitore sopravvissuto alla Chemioterapia e al Cancro.
4) accelerazione della crescita del tumore, anzichè una sua riduzione, con comparsa di resistenza crociata del tumore ad altri veleni (pompa glicoproteica di membrana).
La Chemioterapia è quindi controindicata in maniera assoluta in qualsiasi forma di associazione alla Immuno-Terapia. La Chemioterapia è infatti gravemente depletoria soprattutto nei confronti dei linfociti, di cui è stata riconosciuta la buona capacità di identificazione e di distruzione di masse tumorali mediante Immuno-Terapia specifica anti-neoplastica.
Si può infatti affermare che saranno solo e soltanto le difese immunitarie del paziente stesso a risolvere la patologia neoplastica, portandolo così ad una completa guarigione dal Cancro.
La Chirurgia e la Radioterapia devono essere considerate soltanto come tecniche o metodiche d’appoggio capaci di eliminare una certa quota della massa tumorale primitiva e delle sue metastasi, fermo restando che nessuna di queste due componenti deve essere considerata causa di guarigione finale del paziente dal tumore: l’eventuale ed effettiva guarigione del paziente dal proprio tumore dipenderà solo e soltanto dalla capacità delle difese immunitarie (Immunoterapia) di riconoscere e distruggere in maniera selettiva e radicale il tumore stesso.
L’Immunoterapia nega pertanto alla Chemioterapia qualsiasi valenza curativa e di guarigione nei confronti del tumore. […]
Si può pertanto affermare che è stato già dimostrato in letteratura medica il fallimento sostanziale della Chemioterapia per quasi tutte le forme tumorali: la Chemioterapia riduce la massa tumorale, sia pure al gravissimo prezzo di arrecare danni estesi a tutti gli organi e ai tessuti del paziente, determinando: – insufficienza midollare (con la conseguenza di infezioni e di caduta di difesa immunitaria contro il tumore stesso); – insufficienza epatica e renale; – possibile evoluzione in fibrosi polmonare con insufficienza respiratoria; – danni cardiaci e ai vasi ematici; – leucemie e cancri secondari in percentuale variabile.
In ogni caso, la ripresa neoplastica avviene quasi sempre, spesso caratterizzata da resistenza crociata delle cellule tumorali ad altri farmaci chemio-terapici, in cicli di Chemioterapia successiva di seconda o terza linea, fino ad essere definita alla fine, in termini del tutto inappropriati, “Chemioterapia di salvataggio“: in realtà una Chemioterapia finale e distruttiva, eseguita con farmaci chemioterapici di vario tipo, che non riescono mai a salvare il paziente, né tanto meno a condurlo a guarigione effettiva.”
Nel 1975, il prof. Hardin Jones, dell’Università della California, dimostra per la prima volta, in uno studio su ampia scala durato 23 anni, che per gli ammalati di Cancro che si sono rifiutati di sottoporsi a Chirurgia, Radio-Terapia, e Chemioterapia, (comunque con alimentazione libera, senza diete particolari), la sopravvivenza media è di 3-4 volte più alta, rispetto a quelli che si sono sottoposti a trattamenti medici standard come Chirurgia, Radio-Terapia e Chemioterapia[Walter Last, “The Ecologist, vol. 28, No. 2, marzo/aprile 1998]. […]
Ancora, nel 1990, il prof. Ulrich Abel, dell’’Università di Heidelberg affermava:”…sebbene i farmaci chemioterapici portino ad una “risposta”, cioè ad una diminuzione di massa del tumore, questa riduzione non produce un prolungamento della sopravvivenza del paziente; anzi, il cancro ritorna più aggressivo di prima, poiché la Chemio favorisce la crescita di ceppi tumorali resistenti. Inoltre la Chemio danneggia gravemente le difese dell’organismo, tra cui il sistema immunitario, spesso i reni e il fegato….”. Secondo i dati presentati dal dott. Abel, i pazienti trattati con Chemioterapia hanno risultati significativamente minori, in termini di sopravvivenza, rispetto a pazienti trattati con la medicina convenzionale, raggruppati e confrontati per tipo e stadio di tumore.
Abel afferma:“…Un’analisi bilanciata e imparziale della letteratura medica mostra un indice di successi terapeutici quasi nullo nei trattamenti impiegati convenzionalmente per la cura delle forme avanzate dei tumori solidi” [Chemothrapy of advanced epithelial cancer: a critical survey. HippokratesVerlag, Stuttgart, 1990; Healing Journal, No.1-2, Vol.7, 1990]; [U. Abel, Lancet, 10 agosto 1991].
Nel 1991, l’oncologo Albert Braverman scrive: “…nessun tipo di tumore solido che era considerato incurabile nel 1975 è curabile oggi. Molti oncologi raccomandano la Chemioterapia per praticamente qualsiasi forma di tumore, con aspettative che il sistematico fallimento non scoraggia…” [A. Braverman: Medical Oncology in the 90s, Lancet, 1991, vol. 337, pp. 901].
Nel 1996, così scriveva Edward G. Griffin su “World Without Cancer, dell’American Media Publication: ”….i nostri protocolli chemio più efficaci sono in realtà gravidi di rischi, di effetti collaterali e di problemi. Dopo che tutti i pazienti che abbiamo curato ne hanno pagato le conseguenze, solo un’esigua percentuale di essi viene ricompensata da un effimero periodo di regressione tumorale, generalmente parziale…”.
Quando la Chemioterapia è utile.
La Chemioterapia è utile soltanto nel 1,5% (uno virgola cinque per cento) dei casi secondo una commissione OMS del 1980.
Secondo una rassegna di 1.500 pubblicazioni scientifiche effettuate dal prof. Jones dell’Università della California, tale percentuale di successo sale al 2%.
Molto più ottimista l’Istituto Gerson, che giunge a stimare una percentuale di successo (sopravvissuti a cinque anni dalla diagnosi) addirittura del 15%, con un fallimento sostanziale però dell’85% dei casi, fallimento che sale al 93% nel caso dei tumori dell’intestino, al 97% nel caso di tumore al fegato, al 99% di fallimento se tumore al pancreas (749, 750, 1360-1364) .
Ma secondo un recentissimo studio australiano pubblicato nel 2004
[Morgan G.: The contribution of cytotoxic chemotherapy to 5-year survival in adult malignancies, Clinical Oncol., 2004, 16, pp.: 549-560], che ha analizzato tutti gli studi clinici condotti in Australia e in America (USA), per ben 14 anni, cioè dal gennaio 1990 al gennaio 2004, è risultato invece che la Chemioterapia è efficace solo nel 2% dei casi. Questi risultati, usciti dallo spoglio di un campione immenso e più che rappresentativo di circa 227.800 casi di tumore, sono a dir poco catastrofici. MORGAN.PDF
Infine, secondo un recente lavoro del 2004 (1340), che ha preso in considerazione oltre 42.000 pazienti, soltanto l’1,5% di loro erano ancora vive dopo 5 anni dall’inizio della Chemio (Morgan G.: The contribution of cytotoxic chemotherapy to 5-year survival in adult malignancies, Clinical Oncol., 2004, 16, pp.: 549-560 MORGAN.PDF).
Nel 1987, 42 parlamentari del Congresso USA chiedono che si faccia chiarezza sulle terapie alternative che potrebbero essere usate per la cura del Cancro. Tra le altre cose, viene fatto notare che neanche la Chirurgia è approvata come trattamento per il Cancro, poiché neanche uno studio con il tradizionale gruppo di controllo è stato mai effettuato per valutarne i risultati a lungo termine. Neanche la Chemioterapia è approvata, ma è solo in fase sperimentale e dura ormai da 50 anni.
Costo economico della Chemioterapia
Si ritiene che la Chemioterapia costi allo Stato italiano DIVERSI miliardi di Euro l’anno.
Per leggere tutte le ricerche e le statistiche collegate ai vari tipi di tumore, visitare il link all’articolo originale.
Conclusione
Paul Wintre mostra una visione più cruda dei fatti e spiega così la dinamica del sistema: “E’ improbabile che qualche medico interrompa consapevolmente una terapia oncologica per proteggere i suoi affari o la sua carriera. Ma ogni medico ha le sue idee in merito al miglior trattamento, sulla base di quanto ha appreso.
Tuttavia, le Multinazionali Chemio-farmaceutiche hanno un’influenza estremamente marcata su quanto viene insegnato ai medici. I medici hanno troppo da fare per approfondire le statistiche sui trattamenti del cancro, e danno per scontato che ciò che viene loro insegnato all’Università, o ciò che viene dimostrato nelle pagine delle riviste di aggiornamento, sia il miglior trattamento possibile, poiché scientificamente dimostrato.
Né possono permettersi il sospetto che tali trattamenti rappresentino la cosa migliore solo per leMultinazionali Chemio-farmaceutiche, che esercitano la loro influenza sulle “istituzioni culturali mediche di livello elevato”, a loro appartenenti …”
(Winter, Paul: the cacell Home page, http://www.best.com/handpen/Cancell/cancell.htm ).
Così, sostenendo la tesi che la Chemioterapia NON è curativa e che realmente ha scarsa efficacia sulle forme più diffuse di cancro, il dott. Martin F. Shapiro affermava sul Los Angeles Times, il 9 gennaio 1991: “…mentre alcuni oncologi informano i loro pazienti sulla mancanza di prove che la terpia abbia efficacia, altri potrebbero essere stati sviati da documenti scientifici che esprimono ottimismo senza garanzie sulla Chemioterapia. Altri ancora sono sensibili agli incentivi economici. I medici possono guadagnare molto più denaro portando avanti pratiche di Chemioterapia di quanto possano apportando sollievo e conforto a pazienti in fin di vita e alle loro famiglie…”.
E il dott. Samuel Epstein, il 4 febbraio 1992, dichiara: “…esprimiamo la preoccupazione che il sistema generosamente fondato per la lotta contro il cancro, il National Cancer Institute (NCI), l’American Cancer Society (ACS) e circa altri venti centri per il trattamento del cancro, abbiano sviato e confuso il pubblico e il Congresso (degli Stati Uniti) attraverso ripetute dichiarazioni in base alle quali si starebbe per vincere la guerra al cancro…”.
Tratto da MedNat.org

Pianta mediterranea uccide le cellule di un tumore cerebrale.

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Uno studio dei ricercatori della Seconda Università degli Studi di Napoli ha dimostrato che l’estratto acquoso della pianta Ruta graveolens è capace di uccidere cellule di glioblastoma risparmiando le cellule sane. “Il glioblastoma multiforme – spiega Luca Colucci-D’Amato, docente di Patologia generale del Dipartimento di Scienze e Tecnologie ambientali biologiche e farmaceutiche della Seconda Università di Napoli (SUN) – è un tumore cerebrale altamente aggressivo la cui prognosi è tuttora infausta. Nonostante la terapia chirurgica, la chemio e la radioterapia, solo circa il 5% dei pazienti colpiti da glioblastoma sopravvive, per gli altri la morte sopraggiunge in media entro circa 15 mesi dalla diagnosi. Vi è un grande sforzo della ricerca biomedica nel cercare nuovi farmaci o cure contro questo tumore”.

Lo studio pre-clinico, pubblicato sulla rivista scientifica PLOS One, ha mostrato come l’estratto acquoso ottenuto dalla pianta Ruta graveolens L. sia in grado di indurre la morte di cellule di glioblastoma coltivate in vitro. La ricerca è stata coordinata da Luca Colucci-D’Amato, docente di Patologia generale della Seconda Università di Napoli (SUN) e finanziato dal Network per la salvaguardia e la gestione delle risorse genetiche agro-alimentari “AGRIGENET”, dal Progetto Sicurezza, sostenibilità e competitività nelle produzioni Agroalimentari delle Campania “CARINA” e dal Programma di Ricerca Scientifica di Rilevante Interesse Nazionale (PRIN).

“Le sostanze naturali – ha spiegato Claudia Ciniglia, docente di Botanica della SUN – rappresentano un’importante sorgente di nuove molecole con attività terapeutica in molte malattie incluso il cancro. In particolare, Ruta graveolens L. è una pianta erbacea, molto diffusa in Italia, della famiglia delle Rutacee, cui appartengono anche i più noti agrumi. (ANSA).

http://www.ansa.it

“Armageddon antibiotici”: in Ue atteso 1 milione di decessi nel 2025

Un interessante breve articolo apparso su  http://www.ilfattoquotidiano.it/ Va detto, a completare l’informazione, che attualmente le ricerche per trovare nuovi antibiotici, sono di fatto ferme poichè, a fronte di un investimento oneroso, il ritorno economico dall’eventuale farmaco prodotto e commercializzato, non sarebbe più interessante per le multinazionali del farmaco che preferiscono investire le loro risorse verso altri tipi di farmaci più remunerativi. Verrà il momento di riscoprire e rivalutare le indubbie doti batteriostatiche ed antibiotiche di numerose piante officinali.

Oltre un milione di decessi potrebbero verificarsi nel 2025 a causa della crescente resistenza agli antibiotici di molti batteri. La Società europea di Microbiologia clinica e malattie infettive (Escmid) a Copenhagen ha lanciato l’allarme in occasione del suo congresso annuale: gli esperti parlano senza mezzi termini di “Armageddon degli antibiotici” nell’Unione Europea se non si correrà al più preso ai ripari con misure di diagnosi precoce, medicina preventiva e ricerca biomolecolare.

Secondo gli infettivologi, nel 2050 la situazione potrebbe peggiorare ancora e i decessi per l’impossibilità di attaccare efficacemente batteri comuni potrebbero arrivare a 10 milioni all’anno. E il costo economico per l’Europa si attesterebbe circa a 1,5 miliardi di euro e i Paesi più coinvolti sarebbero Grecia, Spagna e Italia.

“Sono 40 anni che cerchiamo di denunciare il pericolo di un abuso di antibiotici – afferma all’Adnkronos Salute Giuseppe Cornaglia, direttore affari istituzionali dell’Escmid – ma si sono continuati ad usare in modo inappropiato: la curva delle resistenze va sempre a salire e quella degli antibiotici scende drammaticamente, per cui il risultato è tragico. L’allarme è reale – sottolinea Cornaglia – diventerà difficilissima la normale chirurgia, il cui progresso è stato legato alla lotta alla sepsi proprio con gli antibiotici, ma se il chirurgo non può controllare un’infezione, anche un’operazione banale diventa problematica. Ma dobbiamo preoccuparci anche delle donne che hanno una cistite ricorrente e sempre meno la dominano con l’antibiotico. O delle laringiti che sono diventate molto più difficili da combattere rispetto a qualche anno fa”.

Secondo l’esperto la situazione è davvero allarmante soprattutto negli ospedali, dove già capita che i medici non sappiano che antibiotico dare perchè i batteri sono sempre più resistenti e le novità farmaceutiche in campo sono rare perché sono già state “aggiustate le vecchie molecole”, ma il giacimento sembra essere esaurito e occorre trovarne un altro.

Franco Berrino: ” Il cibo di Expo non fa bene alla salute “

Berrino: “Il cibo di Expo non fa bene alla salute”

Il professor Franco Berrino, epidemiologo dell’Istituto Tumori di Milano e da sempre impegnato sul fronte dell’alimentazione sana, ha parole durissime per Expo 2015, a pochi giorni dalla sua apertura.
Che l’Expo si ritrovi in una formidabile contraddizione è cosa risaputa: a fronte della missione “Nutrire il pianeta”, presenta infatti sponsor come McDonalds’, Coca Cola, Ferrero e altri che o con il cibo non sano o con la devastazione dei territorio hanno parecchio a che fare.
E il professor Berrino mette il dito sulla piaga e lo fa con un’intervista in onda sulla televisione La Cosa. «Expo sarà una grande fiera di promozione di cibi che non fanno bene alla salute – dice – Vorrei ricordare che il Codice Europeo per la Prevenzione dei Tumori dice di evitare il consumo di bevande zuccherate, di evitare il consumo di carni conservate, di limitare il consumo di cibi ad alta densità calorica, cioè molto ricchi di grassi e di zuccheri, di limitare il consumo di carne rosse. E allora io mi chiedo: “ma nella ristorazione che ci sarà all’Expo ci saranno le bevande zuccherate? ci saranno le carni conservate?” Se ci saranno chiediamoci che senso ha, che senso ha questa Expo. Nutrire il pianeta di che cosa?».
Expo senza cibo biologico
«Lo slogan di Expo dice “nutrire il pianeta“. La cosa che mi ha colpito è che tra i tavoli tematici non ce n’è uno in cui si discuta del biologico. E’ strano. Mi ha colpito. Avrei scommesso che ci sarebbe stato perché oggi anche le grandi industrie multinazionali chimiche investono nel biologico perché comincia a essere uno dei pochi settori dell’economia agraria che è in crescita. Per cui pensavo che avrebbero in qualche modo promosso il biologico».
I terreni agricoli cementificati di Expo
«Alcuni anni (nel 2009, ndr) fa erano stati fatti “gli stati generali dell’Expo” e c’era stato un discorso applauditissimo di Carlin Petrini, il fondatore di Slow Food, che diceva “che non un ettaro di terreno agricolo sia cementificato per l’Expo, che non un kilowatt di energia per l’Expo derivi da altro che energia rinnovabile”. Un monito interessante. Ma questa energia per la vita da dove viene? Da quale energia viene l’energia dell’Expo?».
Il paradosso dell’abbondanza
«Le parole sensate le ha dette il papa. Papa Francesco ha parlato del paradosso dell’abbondanza, il paradosso per cui si produce una quantità enorme di cibo che potrebbe nutrire dieci miliardi di persone eppure ci sono persone che non hanno cibo. E papa Francesco ha dato delle raccomandazioni anche, delle raccomandazioni di concretezza. Del tipo: non lavoriamo sull’emergenza, lavoriamo sulle cause. E la causa principale della fame è l’iniquità e iniquità dipende dal nostro sistema economico».

di Beatrice Salvemini

30 Aprile 2015

dal sito  http://www.terranuova.it

Dott. Berrino: ‘Farina 00, Il più grande veleno della storia’

La farina 00 è il più grande veleno della storia, anche se biologica“, così il professor Franco Berrino, oncologo presso l’Istituto Nazionale Tumori di Milano, definiva questo alimento in una puntata di Report del 2009. E il motivo è che la farina bianca, così come tutti i prodotti raffinati, causa un aumento della glicemia e, di conseguenza, un incremento dell’insulina, portando col tempo ad un maggior accumulo di grassi depositati, e al conseguente indebolimento del nostro organismo, che diventa maggiormente esposto ad ogni tipo di malattie, anche tumori. Berrino ha spiegato che la farina 00, malgrado non abbia alcun gusto, ha avuto successo commerciale perché si conserva per un tempo indeterminato. Quando la farina viene raffinata perde le proprietà nutrienti tipiche del frumento integrale, che è un’ottima fonte di fibre ed è ricco di numerose sostanze, che si trovano nella crusca e nel germe.
Quando mangiamo prodotti raffinati, tra cui il pane bianco, gli zuccheri presenti nel sangue aumentano improvvisamente e in maniera notevole e di conseguenza il nostro organismo produce più insulina, che porta all’incremento di grassi depositati e favorisce un rapido aumento di peso e di trigliceridi elevati. Tutto ciò può causare malattie cardiache. Inoltre, col passare del tempo, la produzione di insulina si blocca perché il pancreas è troppo carico di lavoro, provocando stati patologici come l’ipoglicemia e malattie come il diabete.
L’unico modo per ovviare al problema è consumare prodotti integrali, ma bisogna stare attenti! Perché spesso il pane integrale venduto nei supermercati è “finto” e lo si può riconoscere perché è più chiaro di quello “vero”. Negli scaffali dei supermercati troviamo anche altri finti prodotti integrali come pasta, fette biscottate, crackers e dolci. La maggior parte di questi viene prodotta aggiungendo alla farina 00 della crusca finemente rimacinata, che è un residuo della raffinazione.
E il danno provocato dai “finti prodotti integrali” è doppio, spiega Franco Berrino, perché “provoca l’indice glicemico alto della farina raffinata e l’effetto dannoso della troppa crusca, che è quello di ridurre l’assorbimento del ferro e del calcio“.


E in merito alla farina 00 biologica l’epidemiologo ha spiegato: “Così si trova anche il paradosso assurdo del supermercato che ti vende la farina 00 biologica. Ma come si può sciupare un grano biologico per fare una farina 00? Se mangio la farina 00 posso prendere anche quella non biologica, tanto i pesticidi rimangono nella parte integrale, cioè nel germe e nella crusca, e dunque sono eliminati col processo di raffinazione che porta alla 00“.
Dunque la cosa ideale da fare, sempre secondo Berrino, è “acquistare grano biologico dai nostri contadini (possibilmente il grano duro, che ha un contenuto più basso di zuccheri) e macinarselo da soli. In casa“.

.dionidream.com

Inchiesta della Televisione Svizzera: Lo scandalo degli ormoni prescritti ai bambini dai medici italiani.

L’inchiesta del settimanale di approfondimento “Falò” sulla RSI ( Radiotelevisione Svizzera in lingua italiana )  svela i retroscena dello scandalo degli ormoni somministrati dai pediatri italiani per conto della casa farmaceutica elvetica Sandoz. Le parole non servono, guardate l’inchiesta, siete liberi di arrabbiarvi.